Il frutto più noto dell’attività xilografica di Sigfrido Bartolini, resta la monumentale edizione, per il centenario, del PINOCCHIO collodiano (1983), arricchita da oltre 300 xilografie, molte delle quali a più colori. Questo lavoro impegnò l’artista pistoiese per 12 anni.
Nel 1968 Sigfrido Bartolini acquistò da un contadino alcuni tronchi di ciliegio che, segati a tavolette restarono a stagionare all’aperto per 2 anni: la maggior parte delle xilografie del suo Pinocchio sono state incise su questi legni.
Il progetto dell’autore per le illustrazioni del Pinocchio comprende: in ogni pagina del libro almeno una incisione. Essendo il libro composto da 36 capitoli, ogni capitolo inizia con un capolettera inciso e si conclude con una tavola fuori testo a colori. I colori adoperati, sono il verde, il rosso e il nero, che Sigfrido scelse prendendo a riferimento gli affreschi di Paolo Uccello, già nel Chiostro Verde di Santa Maria Novella a Firenze.
Il Pinocchio di Sigfrido Bartolini essendo l’Edizione del Centenario, edito dalla Fondazione Naionale “ C.Collodi” , doveva essere pronto concluso entro il 1983 anno del centenario.
Quindi è negli anni ’80-’82 che si concentra la fase più intensa del lavoro di Sigfrido Bartolini per concludere l’incisione dei legni; un triennio d’intenso lavoro che però vedrà un drammatico peggioramento della malattia, che si era manifestata ma non individuata nel 1970: una devastante artrite reumatoide che gli rende quasi insopportabile ogni movimento.
Sono gli anni in cui l'artista con le sue mani aggredite appunto dal dolore, invisibile, serpeggiante, deve piegare la materia del legno per costruire questa visionarietà collodiana.
È un'esperienza davvero epica, resistere al dolore, resistere al male per portare a termine come in un'avventura, come in un'antica favola epica, di chi è costretto a superare le prove nella ordalia della vita, per arrivare alla fine.
Finalmente, nel giugno del 1983 il lavoro, durato in pratica 13 anni, si conclude con la stampa e l’uscita dei 10.000 esemplari della prima edizione del libro.
Negli anni novanta, esaurita la prima edizione, sarà edita una seconda edizione di 7.000 copie e in seguito. esaurita velocemente anche questa, una terza edizione, in formato ridotto, edita da Polistampa.
Nel Parco di Pinocchio, a Collodi (1987-1989) fu allestita, dalla Fondazione Nazionale “C.Collodi”, una mostra per illustrare l’edizione e tutto il lavoro svolto: tutti i legni incisi, studi preparatori, disegni, le prove di stampa, le tavole a colori, le pagine del libro. In seguito la mostra è passata in varie nazioni: dalla Germania alla Francia, in Grecia, in Giappone, in Africa e naturalmente in molte città d’Italia e continua a girare il mondo. Il volume è stato esposto anche al “Moma” di New York.
Carlo Collodi aveva ambientato la storia di Pinocchio non nel mondo metastorico delle fiabe, ma nella realtà di tutti i giorni.
Sigfrido Bartolini, cosa che nessun illustratore del Pinocchio aveva tentato finora, illustra e propone l’ambiente in cui si svolge la fiaba: quel paesaggio che Collodi non descrive mai e che pure fa da costante intuibile fondale al racconto. Del mondo collodiano ripropone il sapore attraverso i luoghi, gli oggetti, gli animali e poche figure essenziali.
Non è un caso però che nel 1977, al momento del difficile confronto con la fiaba collodiana, legga le opere di alcuni autori quali Tolkien, Eliade e Huizinga, tali letture concorrono a creare quell’humus culturale e filosofico di cui si nutrirà l’estetica dell’artista.
Secondo Bartolini, la narrazione collodiana, pur ambientata nella realtà di tutti i giorni, non può prescindere dalla interpretazione che Tolkien e Eliade fanno delle fiabe in rapporto con il mito e l’epica. E infatti nelle sue illustrazioni spesso troviamo assieme a luoghi estranei al paesaggio toscano anche riferimenti a elementi di un mondo di archetipi e di simboli.
Il Pinocchio di Sigfrido Bartolini chiarisce così che, quell’ineludibile richiamo alla Toscana, non vuol essere un limite locale, ma un punto di partenza per proiettare la fiaba oltre il tempo nell’iperuranio del racconto fantastico che nasce dall’epica tradizionale.
Perciò chi ha avuto la fortuna di vedere il Pinocchio di Bartolini ha incontrato la scena originaria della metamorfosi che rivela la tragedia e il giuoco, il destino e il mito.
Roberto Carifi