Acquaforti e Acquatinte

1945—2006

La prima acquaforte realizzata da Sigfrido Bartolini risale al 1947, Il Pino, si tratta della prima prova d’incisione eseguita dopo averne sentito solo parlare. In un suo scritto, l'artista descrive la sua prima esperienza da incisore con una acquaforte rudimentale.

Le acquaforti erano realizzate, eseguite e a volte stampate nel laboratorio della sua casa dove c'era il torchio calcografico, che era stato voluto, disegnato e realizzato dallo stesso Bartolini nel 1955.
Una curiosità, nel suo Diario (inedito) l'artista descrive il progetto, il costo dei vari pezzi,  il montaggio e la sistemazione di tutto il lavoro.

L'utilizzo dell'acquatinta, affiancata all'acquaforte, ha permesso all'artista di ottenere delicati giochi di trasparenze chiaroscurali. La luce assoluta dà vita a composizioni perfettamente calibrate, frutto di armonici equilibri strutturali. 

Durante il corso degli anni, tra puntesecche, acquaforti e acquatinte, in nero e a colori, ne eseguirà più di 200.

I soggetti scelti per questa tecnica seguono le scelte tematiche del suo lavoro pittorico: fino agli anni ’70 il paesaggio pistoiese  e alcuni temi che ricorrono nei monotipi, dagli anni settanta in poi i casolari e i paesaggi versiliani che  presentano una maggiore essenzialità del tratto e lasciano molto spazio al bianco.

Una capacità sintetica che sarà progressivamente sempre più evidente fino a raggiungere l’astratto in un’atmosfera surreale e magica tipica dello stile di Bartolini.

 

LA TECNICA

L'Acquaforte (dal nome primitivo dell’acido nitrico, aqua fortis). Si esegue su lastra di rame o zinco opportunamente preparata con vernice a base di cera e bitume.

Si disegna con uno stilo di ferro che si limiterà a scoprire il metallo rendendolo così attaccabile dall’acido nitrico nel quale verrà immersa la lastra a disegno ultimato.

L’acido provocherà un solco più o meno profondo secondo il tempo d’immersione; questa operazione viene detta morsura e può essere ripetuta più volte per le parti che si vogliono maggiormente profonde.

Una volta terminata la morsura si pulisce la lastra dalla vernice e si passa alla stampa.

Si inchiostra facendo penetrare l’inchiostro nei solchi aperti dall’acido e si pulisce la superficie con garze apposite che non asportino l’inchiostro dai segni.

Si stampa su torchio a cilindri con pressione adeguata che permetta alla carta, apposita e inumidita, di penetrare nei solchi e cercarne l’inchiostro.