1971—1994
Nel deserto degli anni ’80, Sigfrido Bartolini sarà autore di fondamentali monografie sulle incisioni di Sironi, Soffici, Rosai, Lega, Boldini, Cremona, Costetti ecc. Una peculiarità, questa, dell’artista di mettersi a disposizione di altri artisti nell’operazione della critica e della storiografia, ma anche della custodia di quella memoria.
Sigfrido Bartolini ha sempre guardato al di là dei confini cittadini, entrando in contatto con intellettuali e artisti italiani ed europei (da Ardengo Soffici ad Ernst Jünger divenuto negli anni «lo specchio nel quale riconoscersi» ) ed esponendo in numerose gallerie nazionali e straniere, ma non recidendo mai le radici che, in profondità, lo tengono legato alla propria terra.
Dedica perciò il suo lavoro, non solo ai più importanti e noti artisti del '900, ma anche a quelle che possono essere definite le “emergenze” della cultura pistoiese: scopre, illustra e fa pubblicare un racconto inedito di Policarpo Petrocchi: Il mio Paese, e poi le tempere di Boldini, le poesie inedite di Beatrice del Pian degli Ontani, l'opera pittorica di Giulio Innocenti e quella del disegnatore e scrittore Arturo Stanghellini ecc.
Per costruire questo libro su Mario Sironi, Sigfrido Bartolini (perché è a lui che lo si deve, come l'altro – non meno significativo – sulle incisioni di Soffici, uscito nel 1972) non ha lesinato tempo, fatica , viaggi, ricerche d'archivio, come si vede dalla lunga tabula gratulatoria in fondo al volume.
Da incisore qual'era, poi, ha amato in modo particolare i monotipi: una tecnica rara, generosa, idealista che anche lui praticava. E forse il segreto del volume è questo: che il suo curatore non era un curator, come si dice oggi, ma un artista.
Elena Pontiggia