Dipingere l'architettura

1970—2006

Dagli anni ’70 in poi  è la Casa a diventare protagonista ricondotta ai volumi essenziali di fortilizio e risponde al desiderio dell’artista di dar vita ad un’architettura compatta, a una solida volumetria, velata di cromie livide e austere, in cui spesso non compaiono aperture.

Una specie di mondo ai confini del mondo, dove l’essere umano è scomparso e si fanno avanti invece, e resterà il motivo dominante, le mute costruzioni contadine, le incantate Case del Silenzio. Case che sembrano fortezze, spiagge solitarie, paesaggi con rovine.

ll pittore pistoiese avverte il sentimento del mistero e del tragico latente in queste dimore abbandonate e le ferma sulla tela  ridotte quasi a puri elementi formali.

La Casa si fa persona in un volume di nervi murati, coalescenti; diventa un unicum compatto, con segni di apertura all'esterno, come finestre e porte, appena accennati.

Molti gli spunti di novità: si pensi al procedimento di isolare l'edificio e di metterlo a fuoco nel contesto del paesaggio circostante, che risulta così ridotto al minimo indispensabile. 

Particolarissimo è il taglio dell'inquadratura con le ombre che assolvono il compito di legare la costruzione alla terra, alla piattaforma d'incardinamento tettonico, oltre a riequilibrare compositivamente il dipinto

Elementi scanditi verticalmente nella costruzione d’insieme, da pali infissi nel terreno e svettanti al cielo che restituiscono all’osservatore un senso di attesa, una dimensione atemporale, un qualcosa di arcano e ineffabile: è quella sorta di metafisica propria e tipica dello stile di Sigfrido Bartolini.